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E se fosse andata così. Fantasie su Matera

Molto tempo fa, in un‘epoca indefinibile, un gruppo di uomini, donne e bambini, intrapresero un lunghissimo viaggio. L’unico modo per viaggiare era a piedi. I cavalli erano ancora troppo selvaggi per cavalcarli. La mente dell’uomo era ancora troppo distante dal pensare ad altri mezzi di trasporto.
Non sapevano più da quanto tempo viaggiavano. Qualcuno aveva contato venti lune piene, altri trentadue. E non sapevano bene dove stavano andando. Tutto il gruppo non faceva altro che seguire il loro capo Basantum e la veggente Bràdeis che, a loro volta, seguivano gli uccelli che andavano verso Sud.
Si erano messi in viaggio perché stanchi del freddo glaciale che da troppo tempo ormai spirava sul loro territorio e che aveva reso ogni cosa arida e senza vita. Gli animali morivano o scappavano, e gli alberi dai quali raccoglievano i frutti erano tutti secchi. Il fuoco non riusciva più a riscaldava le capanne, e la notte era difficile dormire.
Un giorno, dopo una marcia forzata durata tre giorni e tre notti, troppo stanchi per continuare e attanagliati da una fame incredibile, decisero di fermarsi. Basantum chiamò a raccolta tutto il gruppo. Disse che non era previdente continuare.
«Ho visto che c’è una grande spaccatura nel terreno. Dobbiamo capire cos’è prima di continuare. Ormai si stanno per accendere le stelle. È meglio rimanere qui questa notte. Domani mattina capiremo.»
Il luogo dove si erano accampati era mite, coperto di erba e di piccoli arbusti. I bambini si lanciarono in corse sfrenate, ridendo e giocando alla lotta. Poco alla volta tutti iniziarono a svestirsi delle pesanti pelli di renna. Alla svelta costruirono delle capanne e accesero i fuochi.
Il cielo era limpido e una grandissima luna irradiava una luce splendente. L’euforia si impadronì di tutti. Danze, canti e musica echeggiarono, forse per la prima volta, in quel luogo.
Il mattino successivo il primo a svegliarsi fu Tarantum, il più forte tra i guerrieri. Si guardò attorno e vide un paesaggio mai visto prima. Ovunque volgesse lo sguardo c’erano delle grotte: alcune piccolissime, altre più grandi delle loro capanne. Si avvicinò al ciglio di quella grande spaccatura e notò che nel fondo scorreva un bellissimo corso d’acqua. In quel momento gli si accostò la vecchia Bràdeis, la veggente. Anche lei si guardò intorno. Poi, osservando ciò che stava al di là della grande spaccatura, esclamò:
«Mater Santa. È bellissimo!» (tra le divinità la Mater Santa era più importante e la più venerata).
Poco alla volta anche gli altri componenti del gruppo si avvicinarono. Qualcuno chiese quali parole aveva pronunciato la veggente, e gli risposero che aveva detto che la Mater Santa è bellissima. Il vecchio Cavesus, quasi del tutto sordo fin dalla giovinezza, dopo essere stato esposto per una settimana intera ad una bufera di neve , disse:
«Che ha detto? Materanta è bellissima?”.
Ma qualcuno dal fondo del gruppo ribattè:
«No. Ha detto: Matera è bellissima.» Tutti iniziarono ad indicare il luogo al di là della grande spaccatura e a dire: “è bella questa Matera; è proprio bella Matera.”

Tutta la parete rocciosa, che a dolci balzi scendeva verso il corso d'acqua, era piena di buchi più o meno grandi. Operon, che si occupava principalmente della scheggiatura delle pietre per creare strumenti vari, prese una pietra in mano e, dopo averla esaminata brevemente, disse a gran voce:
«Fratelli miei, questa pietra è fantastica. È facile da lavorare. Non avevo mai visto nulla di simile. Io sono convinto che le grotte ce le possiamo scavare da noi. Ogni famiglia avrà la sua grotta. Non dovremmo più costruire capanne che si distruggono continuamente.»
A quelle parole ci fu un ululato comune, che era il loro modo per manifestare la propria ap-provazione.
Dopo qualche ora di giubilo generale, si decise unanimemente che quel posto chiamato Matera sarebbe stato il loro nuovo villaggio. Raccattarono tutto quello che poterono.
Basantum e Tarantum cercarono di individuare il sentiero migliore che permettesse di scendere fino al fondo della spaccatura per poi potere risalire verso Matera.
Tutto il gruppo iniziò la discesa e poi, con molta difficoltà, la salita.
Nei mesi successivi erano state create decine di grotte. Altri gruppi di uomini arrivarono lì da terre lontanissime e furono accolti benevolmente.
Passarono parecchi mesi, e qualcosa di strano iniziò a serpeggiare tra gli abitanti del villaggio. Basantum, rendendosi conto di quel malumore generale, convocò una riunione.
«Miei cari, ho il sentore che qualcosa non vada. Parlate.»
Agnanum, la giovane moglie di Tarantum, alzò la mano.
«Capo, il problema è che non siamo abituati a stare fermi in un posto per tanto tempo. Non sappiamo più cosa fare. I cacciatori vanno a caccia, i guerrieri si allenano ogni giorno, e tutti gli altri? Non sanno che fare. Non dobbiamo più nemmeno conciare le pelli. Un tempo ci muovevamo spesso, e avevamo tante cose da fare: riparare la capanna, montarla, smontarla, fare provviste per il viaggio successivo; ma adesso…»
Basantum ascoltò attentamente e vide che tutti annuivano. Rimase in silenzio e poi disse:
«Datemi qualche giorno di tempo e vi darò la risposta.»
Nei giorni successivi tutti videro Basantum e la veggente Bràdeis aggirarsi nei dintorni del villaggio.
Passarono più di quattro mesi, durante i quali non ebbero più notizie né di Basantum ne di Bràdeis.
Il capo e la veggente ritornarono al villaggio con sacche di pelle piene di vari oggetti.
«Dopo un lungo peregrinare, dopo avere osservato tutto quello che sta attorno qui, dopo aver consultato le divinità, io e Bràdeis abbiamo trovato le risposte ai vostri problemi. In queste sacche ci sono dei materiali particolari», lentamente prese dalle sacche alcuni oggetti e mostrandoli cominciò a descriverne le proprietà. «Questa che sembra una pietra è invece terra che è diventata dura. L’abbiamo vista indurirsi, vicino ad un fuoco che avevamo acceso per la notte. Ecco, questo potrebbe essere qualcosa di utile per il nostro villaggio. Chi di voi vuole imparare ad utilizzarla?»
Alcuni arricciarono il naso, altri parlottarono tra di loro. Invece, al giovane Pentuis brillarono gli occhi.
«Me ne occuperò io.» Prese quello strano pezzo di terra e, dopo essersi fatto indicare dalla vecchia veggente i luoghi dove avevano raccolto quella terra, si incamminò verso la sua casa-grotta. Da quel giorno Pentuis non fece altro che lavorare incessantemente con quel materiale. Lo si vedeva uscire dalla sua grotta solo quando aveva necessità di rifornirsi di nuovo materiale.
Dal sacco Basantum estrasse altri oggetti. Erano delle piccole palline verdi.
«Queste le abbiamo raccolte da alcuni alberi. Sono dei frutti strani. Se si mangiano sono amari, ma anche molto carnosi. Ma se si stringono abbastanza forte ne esce una specie di liquido denso e profumato. Non sappiamo cosa sia, ma Bràdeis sostiene che gli dei le abbiamo detto che questi oggetti sono molto importanti per la nostra vita. C’è qualcuno che se ne vuole occupare?» Anche questa volta molti brontolarono parlottando tra di loro, diffidenti su quelle strane palline. Con estrema cautela Timmaus alzò la mano.
«Se non c’è nessuno… vorrei farlo io…». La sua voce tremava. Si avvicinò a Basantum, prese quelle strane palline e iniziò a sorridere. Si fece indicare il luogo dove li avevano trovate e se ne andò. Non lo videro per parecchi mesi.
Basantum era molto contento di come stavano andando le cose. Poi, con ancora maggiore fervore continuò:
«Mentre ritornavamo ci siamo fermati ad osservare questo nostro nuovo villaggio da lontano. È meraviglioso guardarlo da lontano. Sembra che le pareti di roccia si muovano, tanto è affollato di gente che va in ogni direzione. Poi però, ho osservato per parecchio tempo lo scavo di alcune case-grotta. Ho notato che tutta la roccia scavata viene buttata giù nella Grande Spaccatura. Mi sono chiesto se continuando così non riempiremo in futuro la spaccatura, rischiando anche di non avere più la dolce acqua che scorre in essa. Dopo aver riflettuto per due giorni interi, ho capito cosa è necessario fare. Non dobbiamo più buttare la roccia scavata, ma utilizzarla. Mi sono ricordato che tanto tempo fa, mentre me ne andavo in giro a caccia, ho visto una cosa stranissima, che forse a voi farà ridere: sembrava una capanna fatta di pietre. Era abbandonata e quindi non ho potuto chiedere spiegazioni. Ecco: qui, in questo luogo, abbondano le pietre e, inoltre, le possiamo tagliare noi stessi dalla terra. Non so bene cosa ne potremmo fare, ma credo che ognuno di voi saprà bene come utilizzarle.»
Basantum smise di parlare. La gente radunata, a quelle parole, rimase in silenzio. Nessuno ebbe il coraggio di commentare. Lentamente ritornarono alle proprie occupazioni.
Passarono molti mesi, durante i quali ognuno cercò di mettere in pratica le parole di Basan-tum. Alcuni iniziarono a lavorare le pietre; poco alla volta vennero eresse numerose case costruite con pietre ben lavorate; altri invece, nei momenti di ozio, quando il sole tramontava, con la stanchezza in corpo, ma la soddisfazione di una giornata spesa bene, se ne stavano seduti davanti alle loro case ad intagliare pietre, realizzando le forme più strane.
Finalmente un giorno Pentuis uscì dalla sua grotta. Era smagrito. Completamente sporco di fuliggine, ma felice. Iniziò a girare per il villaggio chiedendo a tutti di andarlo a trovare davanti alla sua casa. Quel giorno stesso buona parte del villaggio si riunì davanti alla grotta di Pentuis.
Dopo che si fece un silenzio colmo di attese, Pentuis entrò nella grotta e, poco alla volta, ini-ziò a portare fuori degli oggetti stranissimi.
«Fratelli miei, dopo tanto lavoro, dopo tanto pensare, ho finalmente capito come utilizzare quella strana terra che mi è stata consegnata. L’ho chiamata argilla. E questi che vedete sono vasi. Servono per fare tante cose. Guardate…» Prese un vaso, e gli versò dentro un po’ d’acqua da una sacca di pelle. L’acqua non trapassava il vaso. Chi esultò, chi si inginocchiò credendo che fosse un segno divino. Da quel momento in poi tutti vollero un vaso a casa; alcuni chiesero a Pentuis di insegnare loro quell’arte.
Quasi dopo un anno, quando ormai molti ne avevano perso il ricordo, fece ritorno al villaggio Timmaus. Chiese a Basantum di indire una assemblea generale.
«Cari fratelli miei, ritorno da voi con tante novità. Ho sofferto molto durante questi ultimi dieci mesi, ma credo ne sia valsa la pena. In questa bisaccia c’è un liquido fenomenale, credo magico, ma senza dubbio un dono degli dei. L’ho chiamato olio. Viene estratto da quelle palline verdi che il nostro capo mi aveva consegnato. L’olio si può mangiare, ma serve anche per tenere il fuoco accesso per tanto tempo senza utilizzare legna.» Diede delle dimostrazioni pratiche davanti alla stupefatta meraviglia della gente. «Ma non è tutto qui. Ho fatto una scoperta incredibile. Fino ad ora per mangiare abbiamo dovuto cacciare o raccoglie qualche frutto dagli alberi. Ma c’è un altro modo. L’ho chiamato coltivazione. Possiamo fare partorire alla terra quello che vogliamo…»
La spiegazione durò più di due ore, ma nessuno si annoiava, nessuno pensò di andarsene, anzi erano prodighi di domande. Alcuni decisero, in fine, di seguire Timmaus e di imparare queste meraviglie.
Erano passati molti anni da quegli avvenimenti. Il vecchio Basantum era ormai arrivato al limite della sua vita. Si sentiva stanco ma felice, perché vedeva la sua gente soddisfatta e il villaggio crescere a dismisura.
La morte ormai sovrastava la testa di Basantum. Prima di morire chiese ai suoi figli di chiamare la vecchia veggente Bràdeis.
«Sto morendo vecchia. Però me ne vado contento. Il villaggio ormai può vivere anche senza la mia guida. Ti chiedo solo un ultimo favore: tu che sei una potente veggente e che sei in contatto stretto con le divinità, dammi la possibilità di vedere come sarà in futuro il mio villaggio.»
«Vecchio, non è mai consigliabile vedere il futuro. Perché non ti accontenti di quello che i tuoi occhi hanno visto fino adesso. Non sempre ciò che ci aspettiamo accade o ci rende felici…» Basantum le afferrò la mano e la guardò con occhi supplichevoli e pieni di lacrime. La veggente non disse più nulla. Uscì dalla casa del vecchio per ritornarne dopo qualche minuto. Si mise in un angolo in silenzio. Mischiando acqua, erbe e strane polveri, preparò una bevanda.
«Se vuoi vedere oltre il tempo, oltre il presente, lì dove l’occhio dell’uomo non dovrebbe mai intraprendere il cammino, bevi questo infuso.»
Mentre Basantum beveva, la vecchia pronunciava alcune strane e antichissime parole. Improvvisamente il vecchio ebbe alcune convulsioni, poi tutto il suo corpo si irrigidì. Vide immagini spaventose. Il villaggio si era completamente trasformato. Strane costruzioni quadrate, alle cui pareti vi erano tanti piccoli buchi, erano disseminate dappertutto, e da esse entravano e uscivano uomini e donne. Altre costruzioni sembravano invece dei vulcani, ma affusolati come tronchi d’albero, e dalle loro bocche ne fuoriusciva un denso fumo, ben diverso da quello che proviene dal legno bruciato: era un fumo che irritava gli occhi e la gola. C’era molta gente, talmente tanta che non la si sarebbe potuta radunare per una assemblea. Ovunque una moltitudine di oggetti, simili a quelli che costruiva Pentuis, ma accatastati uno sopra l’altro, come se fossero abbandonati, e ai quali nessuno prestava attenzione. Vide anche degli strani animali, senza occhi, senza orecchie, senza muso, e che al posto delle zampe avevano degli strani cerchi neri; erano animali molto rumorosi, ed emettevano uno sgradevole odore. E poi, vide ciò che non avrebbe mai immaginato: lì dove un tempo c’era il suo villaggio, ora era quasi del tutto deserto. Molte delle case, che con tanta fatica avevano costruito, erano abbandonate, alcune persino distrutte. Infine, il suo sguardo si volse verso la grande spaccatura, e una fitta al cuore lo colpì quando vide che nel fondo l’acqua era pochissima, e non più limpida e brillante ma scura e maleodorante.
Si riprese da quella visione. Non disse nulla, ma pianse. Poi, mentre pregava gli dei nella spe-ranza che nulla di tutto ciò che aveva visto si sarebbe mai realizzato, chiuse gli occhi per sempre.

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